Nordic Walking – Gioia di vivere

 

 

Venerdì 21 aprile 2017. I ragazzi del primo e del secondo sportivo del Liceo Scientifico “G. Marconi” di Foligno si sono recati all’Auditorium San Domenico per incontrare l’autrice del libro Nordic Walking – Gioia di vivere. La professoressa Tocchi ha raccontato la lezione che ha svolto sul nordic walking insieme a due classi delle tre presenti all’incontro e i ragazzi del IAsp hanno anche realizzato un video su questa attività. Poi la professoressa ha raccontato come nasce questo tipo di attività fisica e sportiva e la tecnica di questa disciplina. I ragazzi di entrambi le classi prime hanno prima letto il libro, poi hanno creato, insieme alla loro professoressa di italiano, una presentazione dove, al suo interno, ci sono tutte le recensioni che hanno scritto relative al libro. Successivamente tre ragazze hanno sintetizzato la storia del libro e poi alcuni ragazzi hanno espresso le proprie riflessioni. In seguito la parola è passata all’autrice Maria Grazia Pastore, la quale, tramite delle immagini, ha raccontato la sua storia, che si trova anche scritta nel libro. In seguito tre ragazze della classe IBsp hanno rivolto delle domande all’autrice, la quale, con molta disponibilità, ha risposto ad esse. Alla fine dell’incontro l’autrice ha dato un piccolo pensierino ad ogni ragazzo. Chiara Rastelli, IBsp

 

INTERVISTA A MARIA GRAZIA PASTORE DA PARTE DI TRE STUDENTESSE DEL IBSP (ALESSIA DONATI GUERRIERI, MARIA GIULIA PROPERZI, CHIARA RASTELLI)

 CHIARA: “Qual è il luogo in cui preferisce scrivere?”

MARIA GRAZIA: “Non c’è un luogo, nel senso che la mia postazione è piccolina: un computer in casa. Ho un angolino, ho solo quello: non è che posso scegliere!”

CHIARA: “Quindi tu scrivi le idee subito al computer?”

MARIA GRAZIA: “Si, facendo tantissimi errori! Io inizio a scrivere, poi torno indietro e correggo. Non sto lì a fermarmi a ogni parolina, sennò perdo il filo.

CHIARA: “Da quanti anni scrive libri?”

MARIA GRAZIA: “Ah, mi è sempre piaciuto scrivere, però questo è stato il mio primo libro.”

CHIARA: “Ha intenzione di scrivere altri libri?”

MARIA GRAZIA: “Allora, c’è stato Andrea che mi ha detto mamma non è che scriverai mica Nordic Walking Gioia di vivere 2! Quando lui entra in casa, io non mi chiamo mamma, ma Nordic: è il suo modo per prendermi in giro. Ma non lo so, ci devo pensare.”

MILLA: “Quali generi di lettura preferisce?”

MARIA GRAZIA: “I romanzi. Sono romantica.”

MILLA: “Fai un altro lavoro oltre a scrivere?”

MARIA GRAZIA: “Scrivere non è un lavoro, ma una passione. Facevo l’assistente sociale, ma, quando ho scoperto la mia malattia, siccome ero stanca, già vedevo la mia vita fuggire e dovevo stare con persone che stavano male, ho chiesto un cambio mansioni e sono diventata amministrativa.”

MILLA: ”Scrive tutti i giorni o solo quando ne ha voglia?

MARIA GRAZIA: “Solo quando ne ho voglia.”

MARIA GIULIA: “Dopo la notizia della malattia come si sono comportati i suoi familiari?”

MARIA GRAZIA: “Allora, mio marito è un medico e, quindi, come io entravo e mi attaccavano la flebo lui fuggiva, perché sapeva cosa c’era dentro e sapeva che era devastante, però, comunque, mi è sempre stato vicino, anche se era spaventato come tutti i medici. Mia figlia più grande, Elisa, non aveva accettato che fossi malata. Prima di ogni chemio litigava con me, ogni sera prima della chemio, per me, era una cosa allucinante. Il suo modo di reagire è stato questo, non aiutava in casa per niente e demandava tutto agli altri. Andrea si è azzittito, perché l’estate precedente ha vissuto la morte della mamma di un suo compagno di scuola per un tumore allo stomaco. Stefano era il più piccolo e, con la sua incoscienza mi diceva: “Mamma muori?  Ma stai morendo?” Per distogliere l’attenzione abbiamo preso un cagnolino, Stella e proprio lei ha tolto l’attenzione dal mio tumore.”

MARIA GIULIA: “Se non fosse arrivata la malattia pensa che sarebbe stato possibile trovare una svolta alla sua vita?”

MARIA GRAZIA: “No”

MARIA GIULIA: “Si sarebbe accorta che non dedicava più tempo a se stessa?”

MARIA GRAZIA: “In realtà, io non l’avevo mai dedicato a me stessa, perché facevo la mamma: mai mai mi dedicavo a me. Io ricamavo, vestivo i miei figli, li portavo a scuola, giocavo con loro, andavo ai campi-scuola, ma a me stessa non avevo mai dedicato del tempo. Per questa ragione ricordatevi che ci siete anche voi, non solo gli altri.”

MARIA GIULIA: “Come si è sentita dopo la prima chemioterapia? Si sentiva vuota senza capelli?”

MARIA GRAZIA: “Allora, la prima terapia l’ho fatto dopo la prima visita all’oncologo. Il dottore mi disse: “Signora, bisogna iniziare le terapie”, ed io gli risposi: “Beh, iniziamo adesso!” Andai nella saletta, mi ricordo che avevo mangiato e l’infermiera, dolcissima, quando mi ha messo la prima flebo, mi disse: “Inizia a pensare a te, a volerti bene, se ti piace una cosa falla. Adesso inizia una fase nuova della vita.” In quel momento mi sono sentita strana, non mi era mai successo che qualcuno mi consigliasse di pensare a me.  Io pensavo sempre ai ragazzi che avevo lasciato a casa, che avrebbero dovuto cenare mentre io ero lì sotto, con la flebo. Finita la flebo, tutta contenta, salutai i dottori, forse con un po’ di incoscienza. Tornai a casa, mi alzai dalla sedia dopo due ore nelle quali avvertivo un giramento di testa. Una volta a casa, mi preparai il mio piatto preferito, che da piccola mia mamma mi cucinava sempre: le patatine con la frittata. Ero a tavolo, me lo ricorderò sempre. Finito di mangiare dissi a tutti che sarei dovuta andare un attimo in bagno ed è venuto fuori il mondo. Da quel momento stetti cinque giorni ferma a letto, senza mangiare e bere, senza fare niente. Stavo per essere operata proprio perché non riuscivo a reagire. Riuscii ad alzarmi solo pensando a mio figlio Stefano, che stava tornando da scuola.

I capelli non sono partiti subito: se ne vanno dopo quindici giorni. Quando riuscì a riprendermi dalla prima chemio, presi Stefano, andammo insieme in un negozio di parrucche, me ne provai una per vedere come mi stesse. Stefano mi guardò, mi sorrise e con un cenno mi confermò che mi stava bene. Tornai a casa, nel giro di 15 giorni iniziai a perdere i capelli e, siccome Stefano mi disse che era ora di mettere il fazzoletto, decisi di andare dalla parrucchiera a rasarmi e a mettere la parrucca. Subito dopo, mi recai nel negozio dell’alimentari per vedere se si fosse accorti. Presi il pane, feci finta di niente , ma passò un mio amico e mi toccò i capelli. In quel momento mi sentii morire! Pensavo che gli fosse rimasta la parrucca in mano! Quella è stata la prova che non si muoveva niente! Per otto mesi non mi sono mai lavata i capelli, non me li sono mai acconciati con il phon, ma ero sempre pronta, sembra a posto.”